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Mutui, dopo la stretta Bce rischio tassi al 6%

Nuovo allarme sull’economia dalla stretta decisa dalla Bce. Riguarda direttamente le tasche degli italiani o almeno dei tanti che hanno sottoscritto un mutuo.
Con il costo del denaro aumentato di mezzo punto percentuale al 2,5%, infatti, l’orizzonte del 6% per gli interessi sulle rate appare sempre più vicino. È quanto indica un’analisi condotta dalla Fabi.

Dopo mesi di rialzi e mutui variabili al limite della sostenibilità, la stretta finale della Banca centrale europea di questo fine 2022 si trasforma in un peso e un aggravio, seppur da tempo atteso, che Francoforte trasmette ai cittadini europei e traccia un passaggio importante per confermare – nel brevissimo periodo – la traiettoria del costo dei prestiti appunto verso quella soglia del 6%, sottolinea la Federazione dei bancari.
Peraltro “se i tassi medi si sono attestati, nel mese di ottobre, attorno a quota 3,2%, quando il costo del denaro era al 2%, sul mercato – segnala il sindacato – alcuni intermediari propongono, già oggi, mutui con interessi superiori al 5%.

Quindi “la decisione della Banca centrale europea farà alzare i tassi di interesse sui mutui alle famiglie, ad eccezione di quelli a tasso fisso, già contratti con le banche. Le famiglie italiane, comunque, non devono rinunciare al sogno della vita, l’acquisto della casa, perché quando i tassi d’interesse caleranno e diventeranno più favorevoli, sarà possibile estinguere il vecchio mutuo con uno nuovo più vantaggioso”, rassicura il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni.

«Per i giovani che vogliono acquistare casa – aggiunge – è indispensabile che il governo rafforzi economicamente il Fondo statale di garanzia”. Nel corso dell’ultimo quinquennio, i mutui ipotecari, secondo questa analisi, sono risaliti di ben 46,1 miliardi (+12,2%) da 379,1 miliardi a 425,2 miliardi, il credito al consumo di 11,9 miliardi (+11,7%) da 102,5 miliardi a 114,4 miliardi mentre gli altri finanziamenti sono calati di 4,1 miliardi (-2,9%) da 144,7 miliardi a 140,5 miliardi».

Per quanto riguarda le imprese, nello stesso periodo si è registrata una riduzione complessiva dei finanziamenti a due cifre e pari a 11,4 miliardi (1,7%) passando da 678,5 miliardi a 667 miliardi. Questo calo, viene messo in evidenza, “ha riguardato principalmente la componente dei prestiti di breve periodo per 65,8 miliardi (-30,3%). Riduzione che non ha compensato la crescita registrata sul versante dei prestiti oltre i 5 anni, aumentati di 59,39 miliardi (19,9%). Sul versante dei prestiti a medio termine (fino a 5 anni), la riduzione è stata più contenuta ma ha comportato comunque una contrazione di ben 4,9 miliardi (-3,0%)”.