E anche l’ultimo nodo è stato sciolto. La vittoria nel Masters 1000 di Miami per Jannik Sinner rappresentava l’ultimo conto in sospeso che gli restava da sciogliere. Un groviglio creato da quelle due finali perse nel 2021 e 2023, rispettivamente contro Hubert Hurkacz e Daniil Medvedev. Questo trionfo contro Grigor Dimitrov certifica il dominio dell’azzurro in questa prima parte di stagione e non porta in dote soltanto il secondo Masters 1000 della carriera dopo quello di Toronto nel 2023, ma anche qualcosa di più prestigioso: il numero 2 del mondo. Adesso, con soli 1.000 punti di distanza, l’assalto alla vetta della classifica di Novak Djokovic è ufficialmente cominciato.
La posizione numero 2 del mondo raggiunta con questa vittoria si porta dietro tantissimi significati, l’ultimo step di un percorso cominciato da una delusione e da diverse polemiche. La prima riguarda la sconfitta agli ottavi di finale degli ultimi Us Open contro Alexander Zverev, le seconde invece sono quelle generate dalla rinuncia di Sinner di giocare la fase a gironi della Coppa Davis 2023. Due episodi che hanno dato all’azzurro la spinta decisiva per iniziare una scalata prepotente, inarrestabile, vincente. Negli ultimi sei mesi sono stati infranti record storici e tabù che sembravano impossibili da spezzare.
Dalla vittoria nel 500 di Pechino a quella nel Masters 1000 di Miami. In mezzo sono arrivati i titoli nel 500 di Vienna, nella Coppa Davis, agli Australian Open e nel 500 di Rotterdam. Senza poi contare la finale alle ultime Atp Finals e la semifinale a Indian Wells. Passaggi memorabili, al cui interno c’è anche la scalata nel ranking fino al numero 3 del mondo e soprattutto avversari sconfitti per la prima volta. Su tutti Medvedev e Djokovic. Gli scontri contro il serbo, in particolare, hanno segnato due momenti di autentica svolta. Per esempio in Coppa Davis, con Sinner capace di vincere al terzo set dopo aver annullato tre match point consecutivi, oppure agli Australian Open, quando l’azzurro è stato il primo in assoluto a dominare Nole in una semifinale australiana.
Sei mesi che hanno proiettato l’azzurro in una nuova dimensione, regalando al tennis italiano un giocatore che non ha mai avuto. Nemmeno nei tempi d’oro degli anni ‘60 e ‘70 con Nicola Pietrangeli e Adriano Panatta. I miglioramenti sono stati radicali sia da un punto di vista tecnico che, soprattutto, mentale. Nella prima parte del 2023 lenti ma costanti, nella seconda invece (da settembre in poi) prorompenti e inesorabili. Il servizio, un tempo altalenante, è diventato il porto sicuro del gioco: vario, preciso, potente. Un’arma da sfoderare nei momenti di maggiore difficoltà, come solo i grandissimi sono in grado di fare. Ma il servizio è solo la punta dell’iceberg. Il gioco adesso è più che mai vario, con palle corte e discese a rete puntuali, calcolate, sensate. Fisicamente poi Sinner ha raggiunto il top, senza quei fastidi che fino al 2022 ne avevano limitato risultati e condizione generale. L’altoatesino nell’ultimo anno ha imparato a conoscere il proprio corpo, a saperlo “ascoltare”. La tenuta sui 5 set dimostrata agli Australian Open sta lì a dimostrarlo.
E poi c’è la l’aspetto mentale. Qui Sinner ha fatto il definitivo di qualità. La consapevolezza nei propri mezzi raggiunta in questi sei mesi lo ha posto nella posizione di non sentirsi più secondo a nessuno, nemmeno a Novak Djokovic, che fino a Wimbledon sembrava un termine di paragone irraggiungibile. L’azzurro si è lasciato alle spalle ogni timore reverenziale, imparando a sostenere sulle proprie spalle pressioni, aspettative, previsioni, attenzioni. In questo senso il successo in Coppa Davis da trascinatore e la vittoria agli Australian Open sono esempi lampanti. Una solidità mentale che non ha tremato nemmeno dopo aver conquistato il primo Slam della carriera. In passato infatti sono stati molti i tennisti che sono stati schiacciati dal ruolo di favorito. Sinner invece no. Melbourne non è stato un punto di arrivo, ma l’inizio di una nuova storia, con le vittorie che sono continuate ad arrivare in serie, anche nelle giornate meno positive. A Miami l’altoatesino non era partito benissimo. Le vittorie contro Griekspoor e O’Connell erano state spigolose, faticose, non troppo brillanti. Il rendimento però è andato in crescendo con il passare delle partite, fino alla semifinale dominata contro Medvedev. E anche questo è sintomo di una grandezza ormai consolidata: la capacità di sapersi gestire, di “nascondersi” per poter sfoderare la prestazione di altissimo livello quando davvero serve.
A tutte queste vittorie e miglioramenti, si legano i numeri pazzeschi di Sinner contro i top 10. Se prima di settembre 2023 questo era un punto dolente, oggi invece è un aspetto che ne certifica a pieno la supremazia contro i rivali. Negli ultimi sei mesi l’azzurro ha battuto cinque volte Medvedev, tre volte Djokovic, una Alcaraz, due Rublev e de Minaur, una Tsitsipas e Rune. Sconfitte contro top 10? Solo due, contro Djokovic nella finale alle Atp Finals e contro Alcaraz a Indian Wells. Risultati, trionfi, prestazioni, tabù spezzati e rivalità ribaltate che sottolineano come oggi, in termini di continuità, Sinner sia già il numero 1 “reale” del tennis mondiale. I numeri sono lì a dimostrarlo: 21 vittorie su 22 partite giocate nel 2024. Un’investitura che si fa più concreta guardando la Race (in cui l’azzurro è saldamente primo con 3.900 punti), in attesa di quella ufficiale nel ranking. Un ultimo storico step che potrebbe arrivare durante la stagione sulla terra rossa.
L’articolo Sinner, i 5 segreti che lo hanno portato al n. 2 del mondo: tabù caduti, servizio, testa proviene da Il Fatto Quotidiano.