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Schlein esca dall’ambiguità: Renzi o non Renzi, qual è il suo Pd?

di Michele Sanfilippo

Provo una sincera comprensione per i problemi di Elly Schlein, impegnata a dare un nuovo orientamento ad un partito ancora zeppo di renziani (Picierno, Bonafè, Nardella, Gori, Malpezzi, Serracchiani, Bonaccini, Guerini e chissà quanti ne ho dimenticati), e proprio non riesce a scrollarsi di dosso il peso dell’ingombrante ex segretario. Bisogna ammettere che qualche serio tentativo l’ha fatto. A maggio ha firmato il referendum, proposto dalla Cgil per l’abrogazione del Job Act, la legge che, probabilmente, ha caratterizzato più d’ogni altra l’azione politica di Renzi. Forse, pensava che fosse sufficiente per stabilire una distanza eppure, l’uomo che non teme alcun cambio di prospettiva, dopo l’ennesima sconfitta politica alle Europee (dove ha trascinato a fondo anche “Più Europa) come nulla fosse accaduto, ha compiuto l’ennesima capriola politica e si è proposto come alleato del Pd alle elezioni regionali liguri, nel fantomatico campo largo, sapendo benissimo che AVS e M5S non l’avrebbero presa bene.

Qui Schlein dev’essere andata in affanno e avrà pensato: ma insomma ma che altro devo fare per togliermelo di torno?

Così nella miglior tradizione democristiana, che ha avuto in Enrico Letta uno dei massimi esponenti, e che è ancora ben presente nel partito, invece di dire qualcosa di sinistra (cosa che sarebbe equivalsa a tirar fuori una treccia d’aglio davanti ad un vampiro), ha pensato bene di aspettare che fossero gli altri alleati del, sempre più fumoso, campo largo a toglierle le castagne dal fuoco. E, come auspicato, sonno arrivati i veti di Bonelli e Conte (soprattutto il secondo).

Immagino che Elly, dopo aver tirato un sospiro di sollievo, abbia anche pensato che, così facendo, in caso di sconfitta alle elezioni, si potrà dare la colpa ai litigiosi alleati mentre in caso di vittoria si potrà glissare, sperando che Renzi non torni alla carica. Non credo, però, che continuare a nascondersi sia una tecnica che, nel lungo periodo, potrà giovarle.

Schlein non è sciocca e sa che Renzi elettoralmente non aggiunge un voto (anzi) ma controlla ancora molti parlamentari e gode dell’appoggio di un bel pezzo del mondo dell’informazione. Sa anche che il solo obiettivo della proposta di Renzi è spostare l’azione politica del Pd da sinistra, dove risiedono i suoi attuali alleati, verso il centro dove l’aspettano Renzi e, quel che resta delle spoglie politiche di Calenda (l’altro grande perdente di successo) ma, soprattutto, dove lo vorrebbe la stragrande maggioranza del potere economico.

Credo che per lei sia giunta l’ora di uscire dall’ambiguità e che le occorra essere più esplicita su quale sia il suo progetto politico perché, per adesso, non s’è ancora capito. Qual è, allora, il suo Pd?

Se vuole riguadagnare il voto dei tanti delusi che non votano perché non credono più nel ruolo della politica farebbe meglio a farlo uscire da quel pantano che è stato fino ad ora il campo largo (locuzione che a Letta non ha portato molto bene), dove è stato impegnato a gestire il potere non importa come e con chi, per portarlo, magari in bel prato dove c’è quel magnifico profumo d’erba appena tagliata, ad occuparsi dei più deboli ed indifesi.

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