Utilizzava l’auto blu per portare il gatto dal veterinario. Inviava l’autista da Cefalù fino a Palermo pure per consegnare un bidone di benzina alla moglie rimasta in panne, per accompagnare il suo factotum o per farsi portare due teglie di pasta al forno il giorno del suo compleanno. Sono queste le contestazioni avanzate dalla procura di Palermo Gianfranco Micciché, già ministro con Silvio Berlusconi e presidente dell’Assemblea regionale siciliana. All’attuale deputato regionale di Forza Italia è stata notificata oggi la misura cautelare del divieto di dimora a Cefalù: è indagato per peculato, truffa e false attestazioni. Miccichè è accusato di aver utilizzato per fini personali l’auto che gli era stata assegnata per svolgere le funzioni istituzionali. L’indagine nasce da accertamenti più ampi su reati contro la pubblica amministrazione commessi da politici regionali.
L’indagine per droga – L’utilizzo anomalo dell’auto blu da parte di Miccichè era emerso da un’indagine per spaccio di droga. Gli investigatori avevano fotografato il politico a bordo del veicolo istituzionale mentre si recava a Villa Zito, noto ristorante palermitano, per acquistare dosi di cocaina dal gestore, Mario Di Ferro, arrestato per spaccio nel 2023. Ora la procura di Palermo contesta a Miccichè di aver confermato le false missioni di servizio dichiarate da Maurizio Messina, dipendente Ars che gli faceva da autista. Una truffa che avrebbe portato nelle tasche di Messina indennità non dovute per 10.736 euro. Il gip ha disposto il sequestro di 2138 euro a carico dell’ex presidente dell’Ars: si tratta del costo dell’utilizzo improprio dell’auto blu.
33 viaggi a sbafo – La procura contesta al politico di aver usato in maniera illecita l’Audi della Regione per 33 volte, tra marzo e novembre del 2023. L’avrebbe usata per fare viaggi privati, visite mediche, ma anche per accompagnare – nel tragitto Palermo – Cefalù e viceversa – i componenti della sua segreteria, familiari e persone assunte nello staff politico e in realtà impiegate nelle più disparate mansioni: dalla pulizia, alla manutenzione della piscina, alla derattizzazione. Secondo l’accusa il veicolo è stato utilizzato per portare al politico la cocaina e per fargli recapitare il cibo acquistato al ristorante dell’amico Di Ferro. L’Audi faceva la spola tra Palermo e Cefalù anche per fare avere a Miccichè medicine e oggetti vari. Il gip scrive chiaramente che Miccichè aveva “una gestione arbitraria e del tutto personalistica dell’autovettura”. Secondo il giudice il deputato ha adibito il suo autista, dipendente dell’Ars “di volta in volta a conducente, a corriere, a portaordini, a trasportatore”.
La pasta al forno in auto blu – Nelle carte dell’inchiesta il gil scrive che “rimanendo nella propria residenza di Cefalù (e dunque nemmeno salendo a bordo dell’autovettura), Miccichè disponeva che l’autista impegnasse più e più volte il tragitto Palermo-Cefalù per accompagnare il suo factotum o recapitargli due teglie di pasta al forno per il suo compleanno; per accompagnare la moglie o consegnargli un dispenser da sapone; per recapitargli un “bidone di benzina” o consegnargli un imprecisato cofanetto; per portare il gatto dal veterinario o recuperare il caricabatterie dell’iPad”. “Così, nei 33 episodi considerati, non v’è chi non veda – prosegue il giudice – come sia stata sviata la funzione istituzionale dell’automezzo, specie considerando che ogni viaggio comportava un impegno dello stesso per almeno quattro ore (durata che, per come emerso in relazione agli altri capi di imputazione, consentiva all’autista di ottenere una retribuzione supplementare per l’attività effettuata). Non c’è da stupirsi, allora, che l’autista in primis, specie nel periodo successivo al clamore suscitato dall’arresto dello chef Di Ferro, si dolesse per l’uso e l’abuso dell’auto blu, e per questo riflettesse sulla necessità di parlare a Miccichè e dirgli: ‘Presidente, amu a fari casa, chiesa e ufficio, non possiamo fare“. Secondo gli investigatori per 76 volte l’ex ministro di Silvio Berlusconi ha confermato missioni mai effettuate dal suo autista, coindagato con l’accusa di truffa, facendogli ottenere rimborsi che andavano da meno di cento a quasi 400 euro. Condotte che comportano per il politico l’accusa di truffa in concorso. L’autista, infine, per 209 ore totali avrebbe dichiarato la propria presenza in servizio mentre era a giocare al Bingo o da amiche, intascando i soldi dell’intera giornata lavorativa pur essendosi assentato e avendo dunque coperto un orario inferiore. La somma illecitamente guadagnata si aggira attorno ai 10mila euro.
“Prassi delittuosa consolidata senza controlli” – L’indagine si è basata anche sull’analisi dei dati del gps dell’auto blu assegnata al deputato, come previsto il regolamente dell’Ars per tutti gli ex presidenti dell’Assemblea che sono anche deputati in carica. Dai lavori dell’Ars è emerso che la necessità di ripristinare la previsione di un’auto di servizio a beneficio dell’ex presidente dell’Ars che sia anche deputato regionale fosse stata sollecitata dallo stesso Miccichè, quando era presidente dell’Assemblea, abolendo la regola della preventiva richiesta di autorizzazione, fino a quel momento in vigore. Il giudice ha sottolineato l’inesistenza di controlli da parte di Palazzo dei Normanni. “La sicurezza dell’impunità dal punto di vista disciplinare ed amministrativo ha portato – e presumibilmente continua a portare – gli indagati a tenere comportamenti abusivi con modalità plateali, connotati, come si è visto, dal non preoccuparsi minimante dell’uso e dell’abuso che dell’autovettura è stato fatto. Dinanzi a tale quadro si constata l’inefficacia o inesistenza dei controlli spettanti ai vertici amministrativi dell’ente, con la conseguente assoluta libertà degli indagati di autodeterminarsi in ordine all’utilizzo dei mezzi messi a loro disposizione fino all’effettivo svolgimento della prestazione lavorativa o l’allontanamento illegittimo dal posto di lavoro”. Il gip sottolinea poi che “le condotte poste in essere dagli indagati, peraltro estremamente recenti, non hanno mancato di evidenziare profili di pressocché costante ripetitività, tanto da costituire, come più volte sottolineato, una vera e propria prassi delittuosa consolidata”.
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