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Farmaci e politica: dove ci sono più complicanze?

Gli antidiabetici orali tornano protagonisti. E’ stata trovata una nuova molecola, il semaglutide, che ha effetto antiglicemico ma che ha come effetto collaterale “benefico” la riduzione di peso del paziente.

Ma bisogna stare attenti a farli usare come “dimagranti”. Infatti tempo fa si parlava di un’altra molecola, sempre antidiabetico orale (nome commerciale Mediator), che portava ugualmente ad un calo ponderale ma che dava enormi complicanze cardiovascolari, finché grazie alla dottoressa Frachon di Brest venne ritirato dal mercato. Il tutto venne raccontato nel bellissimo film che vi consiglio di vedere: 150 milligrammi, quanti morti?. Perché lo sappiamo: i farmaci sono indispensabili per cui meno male che li abbiamo; ma è strano che continuiamo ad averli in commercio anche quando si è stabilito che portano a complicanze importanti e, magari, non sono indispensabili. Come un altro antidiabetico orale di cui io ho parlato per lungo tempo e che qui voglio ricordarvi. Si tratta del pioglitazone, prodotto commerciale più noto Actos.

Vi spiegai che l’azienda produttrice perse una grande percentuale di capitalizzazione quando fu condannata al versamento di miliardi di dollari ai pazienti che avevano avuto tra le complicanze tumori alla vescica. Vi spiegai che mi pareva strano che, avendo la metformina come farmaco di elezione e le sulfolinuree come prodotto di associazione per ridurre la glicemia, dovessimo, in Italia, mantenere il pioglitazione nel prontuario e pagarlo persino con il Ssn visto che nel 2011 era stato ritirato dal mercato in Francia e Germania.

Mi pareva strano che in Italia la società diabetologica stesse conducendo uno studio clinico multicentrico, che sarebbe dovuto terminare nel 2013, che si chiamava con una abile acronimo TOSCA, su 5000 pazienti a cui fu somministrato il pioglitazone proprio mentre in altri paesi europei era stato ritirato. Tale studio, sponsorizzato da Aifa, voleva stabilire se il pioglitazone, associato a metformina, potesse dare meno complicanze cardiovascolari rispetto alle molecole sulfolinuree già in uso.

Mi pareva strano che Giulia Grillo, da parlamentare del M5S dopo averne parlato con me, fece una interrogazione all’allora ministro della Salute Beatrice Lorenzin per almeno sospendere in modo cautelare il prodotto e, nel momento in cui lei divenne ministro, se ne dimenticò totalmente fino a bannarmi alle mie insistenze. Dalla “poltrona” lei avrebbe potuto incidere sulle scelte del Presidente Aifa da lei nominato. Ma preferì tacere e mettermi a tacere.

Mi pareva strano che, su mia insistenza, un avvocato di Torino, che capeggiava una associazione di consumatori, decise di fare un esposto alla Procura di Torino nelle mani dell’allora magistrato Guariniello. Peccato che le indagini, una volta andato in pensione Guariniello, passarono ad un altro magistrato che decise di archiviare.

Oggi mi pare ancor più strano che questo prodotto sia ancora in commercio in Italia e in molti altri paesi europei, ad eccezione di Francia e Germania, anche se lo studio TOSCA pubblicato con 4 anni di ritardo, sul Lancet nel 2017, abbia stabilito che il pioglitazone e le sulfoluree sono sovrapponibili come complicanze cardiovascolari. Insomma rischi uguali, ma con il pioglitazone rischi aggiunti di tumore alla vescica. Perché usarlo ancora in Italia e darlo con il Ssn? Lo studio Tosca non ha avuto nessuna complicanza tumorale nei 5000 soggetti “usati”? Sono stati avvisati che mentre loro lo usavano il prodotto era stato ritirato in Francia e Germania? Non è utile finalmente toglierlo dal prontuario?

La storia continua, nel disinteresse della politica, speriamo senza altre morti inutili.

L’articolo Farmaci e politica: dove ci sono più complicanze? proviene da Il Fatto Quotidiano.

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