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Ecco perché la banda dei dossier non è riuscita a “bucare” la Camera dei commercio. Merito di una legge di Renzi (non ancora attuata)

C’è un fronte davanti al quale anche l’associazione che faceva capo a Enrico Pazzali e Carmine Gallo – che secondo le accuse ha spiato tutta Italia, giungendo fino al Quirinale – si è dovuta fermare. E questo è il sistema camerale. Mentre infatti a finire dossierato, su impulso di Palazzi, è anche Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio e della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi, quando gli hacker hanno provato a violare il sistema della Camera di Commercio si sono trovati con le pive nel sacco.

A raccontarlo sono le carte dell’inchiesta. È il 12 ottobre del 2022 quando Nunzio Samuele Calamucci, la mente informatica del gruppo, racconta all’ex superpoliziotto antimafia Gallo che i loro sistemi “non possono bucare la Camera di commercio step by step“. Parole registrate dalle cimici piazzate dai carabinieri negli uffici di via Pattari 6, nella sede della società Equalize, a due passi dal Duomo di Milano. Ma perché quelle informazioni non possono essere esfiltrate? Molto semplice: i dati sono offline. Ed è singolare che, proprio martedì scorso, con i giornali pieni di notizie sulla banda di Milano, durante una riunione di Unioncamere che vedeva la partecipazione dei presidenti della varie articolazioni territoriali, è stata ribadita la necessità di far confluire tutti i dati delle Camere di Commercio italiane in un’unica piattaforma online.

Una storia vecchia, quella della piattaforma unica che risale al 2016, governo Renzi. Il decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 219, uno dei “pacchetti” della riforma Madia, stabiliva infatti che gli elenchi degli associati “sono trasmessi, secondo modalità telematiche e digitali, ad una piattaforma appositamente predisposta dal sistema informativo delle camere di commercio a cui possono accedere, oltre la Regione competente e il Ministero dello sviluppo economico, i soggetti legittimamente interessati, mediante procedure che ne garantiscano l’identificazione”.

Non è proprio un idillio quello fra le Camera di Commercio e l’allora presidente Renzi perché questi si era esposto fino a prometterne l’abolizione totale. E fra i temi di attrito v’era proprio quello della digitalizzazione dei dati degli iscritti e la messa online della piattaforma. Per molti rappresentanti del sistema camerale, infatti, i dati in questione sarebbero molto sensibili perché contengono il riferimento delle iscrizioni alle varie associazioni imprenditoriali – quali possono essere, ad esempio, Cna, Coldiretti, Confesercenti – e anche a quelle sindacali.

Un piatto ghiotto per chi volesse scoprire gli orientamenti politici di tutti gli iscritti e sfruttare questi dati. Una ritrosia che ha fatto sì, infatti, che passassero ben 8 anni dalla disposizione legislativa senza che sia ancora attuata. A oggi, infatti, come dimostra l’inchiesta della Procura di Milano guidata da Marcello Viola, proprio quella cautela manifestata da molti sulla questione ha di fatto garantito l’inviolabilità di quei dati. E, nonostante le cronache e il dossieraggio dello stesso Sangalli, evidente parte lesa, i vertici di Unioncamere hanno ribadito a tutte le Camere di commercio d’Italia riunite: “Andiamo avanti”. Seppur in tanti sono convinti che, in Italia, non siamo ancora pronti.

L’articolo Ecco perché la banda dei dossier non è riuscita a “bucare” la Camera dei commercio. Merito di una legge di Renzi (non ancora attuata) proviene da Il Fatto Quotidiano.

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