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Dalla nostalgia erotica di Balenciaga al manifesto di Stella McCartney per gli uccelli e il gioco magico di Sacai: cronache dalla Paris Fashion Week

“Save what you love”. È un grido d’amore per il pianeta quello che si leva durante l’ultima sfilata di Stella McCartney alla Paris Fashion Week. Ispirata dal libro “The End of the End of the Earth” di Jonathan Franzen, la stilista britannica ci invita a proteggere la natura, e in particolare gli uccelli, simbolo di libertà e fragilità. “Anch’io mi rivolgo agli animali per guarire e lasciarmi andare. Studi hanno dimostrato che sei minuti di cinguettii possono migliorare le condizioni di salute mentale“, scrive Stella McCartney nel giornale “The Stella Times“, distribuito tra il pubblico e stretto tra le mani delle modelle durante lo show che si è aperto sulle note di “Feeling good”, il successo di Michael Bublé che parla dell’alba di un nuovo giorno, quello che la stilista britannica auspica possa essere la svolta per il nostro pianeta.

Gli uccelli prendono così vita sugli abiti da sera, sui top trasparenti, nelle collane. Ma l’omaggio a queste creature è anche un monito sulla loro fragilità: “Quasi il 50% delle specie di uccelli è oggi in declino. L’industria della moda da sola maltratta o uccide 3,4 miliardi di anatre, oche e polli per le loro piume“, denuncia Stella McCartney. “Con questo messaggio, vorrei dare un nuovo slancio all’industria della moda, farle cambiare prospettiva”. E la prospettiva di Stella è chiara: una moda etica e sostenibile, che non faccia male agli animali né al Pianeta. Non è un’utopia, e lei ce lo dimostra da anni: anche la sua collezione Primavera/Estate 2025 è composta per il 91% da materiali eco-sostenibili, un traguardo che conferma il suo impegno pionieristico nel settore.

Tra le innovazioni, spicca la pelle vegana a base di funghi “Hydefy”, utilizzata per la prima volta in una borsa: “Questo nuovo materiale utilizza la radice di funghi (micelio) fermentata in soli 3 giorni“, spiega la stilista. E poi il nylon riciclato “Peekaboo” nei maglioni a maglia larga, l’alga nei capi di lingerie, i gioielli scultorei a forma di colomba realizzati con pezzi di elettronica e rifiuti medicali riciclati. La borsa Stella Ryder, destinata a diventare un cult, è realizzata a mano in pelle vegana derivata da grappoli d’uva, con una forma che ricorda la curvatura di un cavallo, l’animale preferito di Stella.

I tessuti fluidi volano al ritmo dei movimenti, le frange aggiungono un tocco dinamico alle sneakers create in collaborazione con Adidas. La sartorialità è il perno attorno a cui ruota tutta la collezione, tra tailleur sartoriali, trench e impalpabili abiti da sera in chiffon. “L’illusione è perfetta: ciascun pezzo in pelle, oro o con effetto piuma di questa collezione, che mescola accenti sportivi e tagli sexy a un look decisamente workwear, sembra identico alla loro materia originale. Con la crudeltà sugli animali in meno”, spiega. La sfilata è un inno alla bellezza e alla sostenibilità, un messaggio di speranza per un futuro in cui la moda possa essere allo stesso tempo etica e glamour. E Stella McCartney, con le sue collezioni quasi interamente sostenibili, continua a indicare la strada.


Sacai: quando la decostruzione diventa poesia

Un pavimento che si sbriciola sotto i piedi, frantumi di vetro e specchi che riflettono la luce. È in questa atmosfera industriale e suggestiva che Sacai presenta la sua ultima collezione, un trionfo di volumi e contrasti orchestrato dalla mente visionaria di Chitose Abe. La stilista giapponese, maestra della sartorialità e della decostruzione, ci trasporta in un mondo dove “nulla è come sembra”. Balze, rouches, layering si fondono in un gioco di sovrapposizioni e texture inaspettate, creando silhouette ariosa e al tempo stesso strutturate.

Gli abiti, come sculture in movimento, raccontano una storia di contraddizioni e armonie: il blazer da collegiale si fa abito così come anche il chiodo di pelle. La camicia di popeline è completamente scomposta e si fa ora gonna, ora minidress. Il demin si fa leggero e avvolgente, così come la pelle. Tessuti maschili si ibridano con elementi femminili, linee rigorose si alternano a volumi fluttuanti, creando un equilibrio perfetto tra forza e delicatezza. Abe taglia, cuce, assembla, riassembla, ribalta…il suo gesto è un gioco metodico eppure liberatorio, che ci regala un quarto d’ora di meraviglia. La Primavera/Estate 2025 è sicuramente una delle collezioni meglio riuscite di Sacai, originale, frizzante, calcolata e perfettamente coerente con l’estetica costruita in questi anni.

I colori, netti e rigorosi, accentuano il senso di decomposizione e ricostruzione. Il nero, il bianco, il beige, il grigio, si mescolano al verde militare e si contaminano con delle righe marinare che esaltano la complessità dei tagli e dei dettagli. La maglieria, punto di forza di Sacai, si reinventa con trame inedite e lavorazioni tridimensionali: capi spalla, oversize e avvolgenti, si trasformano in vere e proprie opere d’arte, con tasche nascoste, zip asimmetriche e cuciture a vista. Ai piedi, stivali imbottiti di pelle oppure sabot a piumino. Con questa sfilata che celebra i primi 25 anni del suo brand, Chitose Abe, con la sua abilità nel mescolare stili e influenze diverse, ci offre una visione della moda che è al tempo stesso concettuale e portabilissima, un equilibrio raro e richiestissimo di questi tempi.

Balenciaga, Demna Gvasalia e la lingerie surrealista che libera l’eros

“Volevo qualcosa di sensuale, quasi erotico”. Con queste parole, Demna Gvasalia, l’enfant terrible della moda, svela l’anima della sua ultima collezione Balenciaga Primavera/Estate 2025. E lo fa a modo suo, trascinandoci in un universo onirico dove la lingerie si libera dai cliché e si trasforma in un gioco di illusioni e provocazioni. Dimenticate i boudoir polverosi e le atmosfere retrò. Demna, 35 anni dopo essersi innamorato della moda, celebra il suo matrimonio con essa in una sala da pranzo ricostruita con i tavoli di legno della nonna. Un’ambientazione intima e familiare, che fa da sfondo a una collezione che scava nel profondo, come una “sessione di ipnosi regressiva”.

Per la Primavera/Estate 2025, lo stilista ha ricreato la sala da pranzo di sua nonna, dove, da bambino, disegnava abiti su cartoncini e sognava sfilate: “I miei primi ricordi legati alla moda nascono lì, su quei tavoli di legno“, ha scritto a mano su un quaderno ingiallito dal tempo. Ed è proprio da quel tavolo che Demna ha intrecciato passato e presente, creando una collezione che mescola ricordi e provocazione, nostalgia e sperimentazione: “Disegnavo abiti sui cartoncini, li ritagliavo e mettevo in scena delle sfilate sul tavolo della cucina di mia nonna”, racconta Demna in una lettera inviata agli ospiti prima della sfilata in cui ha messo a nudo la sua anima di bambino. E in questa collezione, c’è tutto il suo percorso, le sue ossessioni, la sua “attitudine all’esasperazione delle forme”. L’inizio è stato spiazzante, con una serie di uscite in lingerie che per un attimo hanno spiazzato i presenti ricordando piuttosto una sfilata di D&G. Poi però ecco che uscita dopo uscita le modelle si “vestivano” progressivamente, sempre più coperte con strati di stoffa che portavano l’iconica firma di Demna.

I reggiseni trompe-l’œil, le calze ricamate su body color carne, sono un omaggio alla tendenza lingerie che impazza in Europa, ma filtrata attraverso lo sguardo irriverente di Balenciaga. Un erotismo sofisticato, che gioca con l’ironia e il surrealismo, come nei jeans infilati sulla nuca a mo’ di sciarpa o trasformati in stivali che “eliminano il bisogno di giarrettiere”. Ma è nei dettagli che la collezione ha rivelato tutta la sua potenza: jeans trasformati in sciarpe, infilati sulla nuca come accessori scenografici; trench reinventati come abiti da sera; giacche di pelle rigide che diventano top scultorei e abiti corsetto (ma non solo) che lasciano il “Lato B” in vista. “Mi piace rompere gli schemi dell’abbigliamento tradizionale,” ha spiegato Demna, “per trasformare i vestiti in qualcosa di più, quasi opere d’arte indossabili“. Le silhouette estreme e sovversive, dalle sneaker giganti alle spalle esagerate, richiamavano un mondo in bilico tra realtà e distopia. “Gli abiti sono come corazze”, ha detto lo stilista, “filtrano ciò che accade all’esterno per proteggere la nostra vulnerabilità interiore“. E proprio questa dicotomia tra protezione e esposizione ha dominato la passerella, con modelli coperti da trench e volti nascosti sotto berretti see-through, ma con la pelle che sembrava nuda.

Sulle note di “Why don’t you do right“, la canzone di Jessica Rabbit, le modelle sfilano con look che citano Samantha Jones di “Sex and the City” e volti nascosti da berretti see-through e mascherine scure. Spalle enormi, vite bassissime, sneaker giganti, volumi estremi e silhouette marcate. E poi le felpe con gli statement “fashion designer” e “human being”, a ricordarci che dietro le provocazioni c’è sempre un uomo, con le sue fragilità e le sue contraddizioni. La sfilata si chiude con un remix potente di “Gimme More” di Britney Spears, un inno alla libertà e all’autenticità, che rimane sospeso nell’aria, senza un vero finale. Come a dire che il viaggio di Demna, e della moda, è ancora lungo e imprevedibile.

La nova alba di Zimmermann

I bagliori dell’alba sul mare si fanno abito nella nuova collezione di Zimmermann, Illumination, e la luce calda del mattino inonda la scena. È un omaggio alla natura, alla libertà e a quella connessione intima tra l’uomo e l’ambiente, come catturata nel film cult anni ’70 Morning of the Earth di Albe Falzon. “Per la primavera ci siamo ispirati al bellissimo film sul surf degli anni ‘70”, ha dichiarato Nicky Zimmermann, direttrice creativa del brand. “Il film celebra lo spirito libero dei surfisti e il loro legame con la natura”. La collezione P/E 2025 porta in passerella quella stessa armonia, trasformando la luce del mattino in una palette di colori e il movimento del mare in texture fluide. Con inserti intrecciati a mano, perline di legno e dettagli in pelle, ogni capo racconta una storia di equilibrio tra l’uomo e l’Oceano. Zimmermann ha saputo trasporre nelle sue creazioni la bellezza dei paesaggi australiani e lo stile di vita bohémien del surf, tra kaftani di pizzo e giacche sahariane. Ogni capo si muove come un’ode alla natura, portando con sé l’essenza del surf e la forza della femminilità.






Autry porta la California a Parigi

Dall’Australia alla California, la palette di colori è quella dei tramonti infuocati sulle spiagge di Santa Barbara: Autry ha presentato a Parigi il suo nuovo modello ispirato ai cieli californiani. Si chiama Windspin, ha la forma allungata, la pelle scamosciata più morbida, le linee più morbide e la silhouette più snella. Il mood è quello che ha riportato al successo il brand, ovvero super vintage e super americano, pur essendo un prodotto Made in Italy. E’ la terza collezione per il marchio italiano di sneaker divenuto un cult tra Millennials e Gen Z grazie anche a TikTok: il brand l’ha presentata durante la Paris Fashion Week inaugurando, con l’occasione, il suo nuovo showroom parigino nel Marais, in rue Charlot. Qui, a inizio 2025, inaugurerà la prima boutique diretta del marchio controllato dal fondo Style Capital di Roberta Benaglia.

L’articolo Dalla nostalgia erotica di Balenciaga al manifesto di Stella McCartney per gli uccelli e il gioco magico di Sacai: cronache dalla Paris Fashion Week proviene da Il Fatto Quotidiano.

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