In Italia quasi mezzo milione di persone vive in condizione di povertà sanitaria, l’8,43% in più rispetto all’anno scorso. E di queste, oltre 100mila sono minori. Persone che non sono in grado di pagarsi da sole i farmaci di cui hanno bisogno e che si trovano costrette a chiedere aiuto a una delle circa 2mila realtà assistenziali convenzionate con Banco Farmaceutico. Questo è l’unico modo per avere accesso gratuitamente a tutti quei medicinali che non vengono rimborsati dal Sistema sanitario nazionale, ma che hanno grande impatto sul benessere e la salute di tutti. Medicinali da banco, come antidolorifici o antipiretici, ma anche alcuni psicofarmaci, come le benzodiazepine o certi antidepressivi, sempre più richiesti, soprattutto tra le fasce più indigenti della popolazione. In alcuni casi, dicono le associazioni, le persone più fragili, non riuscendo ad accedere al Ssn, si rivolgono ai loro uffici anche alla ricerca di farmaci per malattie croniche, come il diabete o patologie cardiovascolari.
È quanto emerge dal 12esimo rapporto sulla povertà sanitaria realizzato dalla Fondazione Banco Farmaceutico, che verrà pubblicato a fine anno e i cui contenuti sono stati anticipati lo scorso 27 novembre in una presentazione alla Camera. “Negli ultimi 12 anni, da quando abbiamo istituito l’Osservatorio sulla povertà sanitaria, la situazione in Italia è progressivamente peggiorata. Di fatto è aumentata la povertà in generale. E se uno deve scegliere tra curarsi o dare da mangiare a suoi figli, opta per la seconda opzione”, ha commentato a ilfattoquotidiano.it Sergio Daniotti, presidente della Fondazione. “C’era stato un lieve miglioramento prima del Covid, quando sono state introdotte alcune misure di welfare, come il reddito di cittadinanza – prosegue -, ma ora abbiamo ripreso il trend negativo. Il nostro Ssn presenta delle crepe sempre più evidenti e il sostegno pubblico alle famiglie è diminuito. Come dimostra la distribuzione della spesa farmaceutica in Italia”.
Per il settimo anno consecutivo, infatti, la spesa farmaceutica sostenuta dalle famiglie è aumentata, mentre la quota a carico del Ssn è diminuita. Dal 2017, la spesa farmaceutica a carico delle famiglie è cresciuta di quasi il 32%. Secondo gli ultimi dati Aifa, nel 2023 la spesa totale delle famiglie ha raggiunto 23,64 miliardi di euro, con un incremento di 1,11 miliardi (+3%) rispetto al 2022. Ma del totale solo 13 miliardi di euro (il 55%) sono a carico del Ssn. Oltre 10 miliardi sono stati pagati interamente dalle famiglie. Vuol dire che, rispetto all’anno precedente, i cittadini hanno pagato di tasca propria il +7,4%, corrispondente a 731 milioni di euro. Non stupiscono, quindi, gli ultimi dati Istat: sono 4,4 milioni le famiglie che hanno cercato di ridurre la spesa per visite mediche e accertamenti preventivi, o che hanno rinviato o rinunciato ad alcune delle cure necessarie. Si tratta del 16,8% del totale, pari a circa 10 milioni di persone. Tra queste, il 31% – ovvero quasi due milioni di persone – si trova in povertà assoluta.
Secondo il report, la fascia di età maggiormente colpita dalla condizione di povertà sanitaria è quella adulta (tra i 18 e i 64 anni), che costituisce il 58% dei casi. Anche se è allarmante la grande presenza di minori: 102mila, pari al 22%. “I giovani in difficoltà sono di più degli anziani, che sono 88mila – commenta Daniotti -, ma la cosa che colpisce di più è la distribuzione tra cittadini italiani e stranieri. È praticamente identica. Dieci anni fa gli italiani erano solo il 30%, il restante 70% era composto da stranieri. Vuol dire che le condizioni economiche generali della popolazione sono peggiorate”. E conclude: “Questi dati dovrebbero servire per far prendere atto alla politica che una parte dell’offerta di salute in Italia è garantita dal no-profit, soprattutto per le fasce più deboli. La coperta per il Ssn è troppo corta. È ora che queste realtà vengano riconosciute e coinvolte per lavorare insieme a una soluzione comune”.
L’articolo Aumentano gli italiani che non possono permettersi di pagare le medicine: sono mezzo milione, l’8,43% in più rispetto al 2023 proviene da Il Fatto Quotidiano.